Il preventivo e il grigiume comportamentale

E’ grigio e pioviggina.

Il grigio è un colore bellissimo in fotografia, un po’ meno se viene utilizzato per descrivere il carattere delle persone. Grigio può rappresentare il momento no dell’essere umano, ma anche la piattezza e insignificante espressività della persona.

In questi ultimi due anni ho deciso di promuovere la mia attività di fotografo per il wedding su siti dedicati tipo matrimonio.com e a parte la visibilità ricevuta, ho ricevuto diverse richieste che mi hanno fatto riflettere moltissimo.

Servizio Fotografico Matrimonio di Giorgio & Ilaria © pierocolafrancesco

I siti del settore con logiche push, metto gli sposi nella condizione di avere quanti più contatti possibili per organizzare il loro giorno. Ma ho avuto modo di constatare che, vista la moltitudine di info che ricevono in un lasso di tempo ristretto, tante troppe coppie vanno in confusione. Vengono contattati da più e più fornitori contemporaneamente e spesso confondono Francesco con Mario oppure Piero con Massimo che li contatta.

Questa mia riflessione non vuole criticare le varie piattaforme che fanno solo il proprio lavoro, ma mi serve per soffermarmi su quel “grigiume comportamentale” di cui è probabilmente affetta la stragrande maggioranza delle persone.

Ci sta che l’offerta è ampia, variegata, più o meno affascinante, ma costa così tanto chiedere un preventivo e poi “ascoltare” il fotografo che magari ti spiega quello che ti propone? Ma soprattutto ha senso chiedere come primo approccio, un preventivo per un servizio fotografico matrimoniale che può avere il massimo del suo fascio solo se studiato attentamente addosso alla coppia?

Forse si confonde il fotografo con un call center che vuole a tutti i costi farti comprare il proprio servizio, forse è quello che fanno i miei colleghi, ma non io!

Se mi dai la possibilità di sentirci, il parlarti per me è e rimane sempre un piacere, anche se si tratta di una telefonata senza impegno. A me piace trasmettere la mia passione per la fotografia, e solo dal tono della mia voce, dalle mie parole si può avere la possibilità di percepirla.

Se poi hai dei dubbi sul preventivo che ho formulato, su quanto ci siamo raccontati al telefono, sulle cose che possono non piacerti, non è un male manifestarmeli.

Vivo di feedback sia positivi che negativi, ma è solo dai negativi che posso comprendere i miei errori e dove posso migliorare.

Ho imparato ad accettare i “no” nella vita, ora sta a voi imparare a dire di “no”.

Quando poi ricevo un “si”, non me ne volete a male per questo, mi emoziono e si percepisce.

Affettuosamente,

Piero Colafrancesco

Posare e Giocare

Ormai è un anno che stiamo vivendo questa situazione pandemica che per forze di cose ha modificato le nostre abitudini e soprattutto il nostro modo di esplorare ed esplorassi.

Probabilmente modelle e modelli stanno facendo fatica a trovare sbocchi lavorativi remunerativi, motivo per cui il low budget è all’ordine del giorno.

Non vorrei soffermarmi sulla correttezza o meno dell’accettare incarichi poco ricompensati, ma sulla possibilità di mettersi in gioco.

Il voyeurismo è insito in noi, ci sono trattati e studi che lo dimostrano, pertanto quella voglia di scoprirsi modelle o modelli, credo debba continuare ad essere alimentato a discapito di una “reclusone” necessaria di questi tempi.

Al pari delle persone che ne conosco il significato, ci sono altrettante persone che hanno voglia di fotografare, che hanno voglia di imparare, o meglio che hanno voglia di sperimentare.

Quando si parla di Time For sembra che ci si debba avventurare in paludi piene di insidie; modelli che hanno paura di ritrovarsi da soli con il fotografo “maniaco”, fotografi che pensano di meritare un onorario degno di nota per il solo fatto di aver speso oltre 1000 euro per una fotocamera.

Il mio problema con l’onorario è dato dal fatto che spesso penso di non valere abbastanza!

Può darsi che il problema dello scoprirsi per le persone che desiderano farsi fotografare, sia anche per loro il pensare di non valere abbastanza.

Ed è qui che si concentra la mia riflessione.

Io credo fermamente che non sia nulla di male nel proporsi da ambedue le parti.

Se il tuo ego ti porta a riflettere sulla tua immagine, se hai sempre pensato di farti fotografare ma non lo hai mai fatto, se non hai budget per ingaggiare un fotografo professionista, io credo fermamente che non ci sia nulla di male nel proporsi.

Proporsi anche a chi sta alle prime armi, perché la fotografia non è solo tecnica, ma anche sentimento. Le emozioni le può provare chiunque e solo anime sensibili riescono a leggerle attraverso delle immagini.

Ecco, un mettersi in gioco giocando.

Che non sia proprio quell’opportunità che non abbiamo mai preso in considerazione.

Pensaci!

Piero Colafrancesco

Dal non cercare ma dal farmi trovare.

Non per tutti questo periodo di lockdown ha rappresentato uno stop, forse per più di qualcuno una pausa, ma di sicuro c’è chi ha visto annullati e rinviati impegni fotografici per i prossimi mesi.

Minette in the Last Day of Summer – Workshop Simone Passeri

Realisticamente si può aspettare che il tutto riparta, cercando di sopravvivere professionalmente in questo marasma di paure e distanze. Si può investire su se stessi oppure alienarci di pessimismo cosmico. Si può continuare a riflettere ed osservare cosa ci succede e c’è successo dentro.

Oggi mi sono imbattuto in un video di Ezio Bosso che scherzava con il pubblico e i loro telefonini, dicendo che non abbiamo bisogno di cercarci, ma di trovarci… per esempio trovarci nella musica!

Io direi che forse abbiamo bisogno di trovarci anche in altre cose.

Durante questi due mesi ho visto e notato che tanti si sono preoccupati di non far scendere l’attenzione social sui propri profili, diciamo si sono preoccupati della propria “web-reputazione”; tanti si sono avventurati in progetti più o meno condivisibili (fotografare una Piazza San Pietro vuota a mio avviso non aveva senso visto che la stessa foto poteva essere scattata alle 4:00 di un qualsiasi giorno dell’anno); tanti ce l’hanno fatta con progetti originali ed interessanti.

Dalla mia mi sono messo in ascolto del “niente”, un rumorosissimo “vuoto”. Ho continuato a cercare boh qualcosa o qualcuno, ma parafrasando Bosso, senza trovarci qualcosa o qualcuno.

Ed è proprio dal vuoto che vorrei ripartire, dal non cercare ma dal farmi trovare, trovandoci.

© Piero Colafrancesco

Spettattore de “Il Tempo del Coronavirus”

Vogliamo definirlo “periodo” oppure “tempo”, il punto è che stiamo vivendo qualcosa di nuovo per noi nati nel dopoguerra.

Probabilmente sarà riportato nei libri di storia, ma tutti sappiamo che con i programmi scolastici di oggi, difficilmente si avrà mai tempo di arrivare a studiarlo. E allora se ne tornerà a parlare inevitabilmente con noi in futuro, noi quelli che hanno vissuto queste giornate e che nel frattempo saremo invecchiati.

Gli anziani, scrigni di sapere e di storie che trasportano fieri questo bagaglio lungo la strada della vita senza affaticarsene; gente che oggi ci sta lasciando e con essi, il sapere del “tempo”.

Eppure sono sempre loro che ci hanno raccontato di grandi cambiamenti dopo un grande disastro.

Non so cosa succederà a livello economico, non sono un economista, non riesco ad immaginare quali stravolgimenti o negatività ci porteremo dietro, ma so con certezza che sto vivendo uno stato d’animo mai vissuto prima.

Ho sistemato dei lavori sospesi, continuo a sistemarne di altri, mi guardo tutorial, webinar, salotti telematici, ho sempre la finestra dell’Ansa aperta, mi perdo nel web seguendo lavori autoriali, mi vado a leggere la vita e le esperienze di fotografi che hanno fatto la storia della fotografia, tutto con la consapevolezza di avere addosso qualcosa.

Forse un velo che mi fa da diffusore, che mi smorza i contrasti, che forze mi protegge dall’esterno.

Lucien Clergue – Urban Nudes

Ed inizio a riflettere sul se questo mio stato d’animo condizionerà o muterà inevitabilmente il mio modo di guardare il mondo, oppure se mi scivolerà addosso senza lasciarne traccia. Mi chiedo se questo condizionamento potrà in qualche maniera modificare l’operato dei maestri, dei creativi e dei visionari, o arrivare a mutarlo in qualcosa di inimmaginabile.

Non lo so e forse è prematuro pensarci oggi, ma di una cosa sono certo. Non voglio in alcun modo essere uno spettatore, ma uno “spettattore”!

Intanto resto a casa e mi proteggo, oltre che proteggere i miei cari.

Piero Colafrancesco